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Diritto di asilo in Italia

Il diritto di asilo politico trova in Italia fondamento costituzionale nell’art. 10 della Costituzione repubblicana, che al comma 3 stabilisce: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
Tali “condizioni” sono precisate dai decreti legislativi 251/2007 (di recepimento della direttiva della Comunità Europea 2004/83, cd. “Direttiva sulle qualifiche”) e 25/2008 (di recepimento della direttiva della Comunità Europea 2005/85, cd. “Direttiva sulle procedure”) che fondano l’istituto della protezione internazionale, diviso in riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.

Lo status di rifugiato

La definizione di “rifugiato” è ancora contenuta nella Convenzione di Ginevra del 1951, ratificata e resa esecutiva in Italia con la L. 772/1954.
Nello specifico l’art. 1, lett. a) di tale Convenzione stabilisce che deve definirsi rifugiato la persona che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese”.
Partendo da tale definizione, il D. Lgs. 251/2007, all’art. 7, c. 2, specifica le caratteristiche – tipologia, motivazione e gravità – degli atti di persecuzione rilevanti ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, includendo a titolo esemplificativo atti di violenza fisica o psichica; provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziari discriminatori; azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie; azioni giudiziarie o sanzioni penali in conseguenza del rifiuto di prestare servizio militare; atti specificamente diretti contro un genere sessuale o contro l'infanzia.
Infine, ai sensi del successivo art. 8, c. 1, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, il compimento di tali atti deve essere riconducibile a motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un particolare gruppo sociale od opinione politica.

La protezione sussidiaria

Il D. Lgs. 251/2007 prevede oltre allo status di rifugiato, l’istituto della protezione sussidiaria, rientrante nella categoria della protezione internazionale, per “il cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine (...), correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno” (art. 2, lett. g), D. Lgs. 251/2007).
Ai sensi dell’art. 14, D. Lgs. 251/2007, nella definizione di grave danno rientrano: , “a) la condanna a morte o all'esecuzione della pena di morte; b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine; c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

La protezione umanitaria

In caso di diniego della domanda di protezione internazionale, l’art. 32, c. 3, D. Lgs. 25/2008 prevede che l’Amministrazione possa comunque invitare la competente Questura al rilascio di uno speciale permesso di soggiorno di tipo umanitario (“protezione umanitaria”), emesso ai sensi dell’art. 5, c. 6, D. Lgs. 286/1998.
L’ambito di applicazione di tale norma è ampio: vi rientrano esigenze umanitarie legate a gravi problemi di salute, tutela dei minorenni, nonché – secondo gli insegnamenti della Corte di Cassazione nella sentenza n. 22111/2014 – esigenze legate a situazioni di vulnerabilità od aventi il carattere della temporaneità “da proteggere alla luce degli obblighi costituzionali ed internazionali gravanti sullo Stato italiano”.